La Protezione dei dati personali ai tempi del Coronavirus
In tempi di emergenza come quello che stiamo vivendo, è possibile parlare di diritto alla riservatezza dei dati? Quale interesse prevale, tra sicurezza e riservatezza, quando si tratta di un'emergenza che coinvolge la popolazione di un'intera nazione?
La rapida diffusione dell'infezione da COVID19 sta ponendo, tra i tanti aspetti, l'attenzione anche su questi temi ed è molto interessante il confronto che si sta aprendo, non solo per comprendere meglio la normativa, ma per adottare comportamenti volti a salvaguardare la salute e, allo stesso tempo, i dati degli interessati in situazioni di emergenza.
La riflessione che scaturisce, nasce da un potenziale conflitto tra l'obbligo di protezione dei dati personali degli interessati coinvolti e la tutela della salute di un'intera popolazione.
Se da un lato sussiste il rispetto della vita privata e della vita familiare (art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea) e la protezione dei dati di carattere personale (art.8), dall'altro prevale la protezione della salute di cui ci parla la stessa Carta, all'articolo 35.
Anche il recente regolamento Europeo, meglio noto con l'acronimo GDPR, prevede il caso della gestione di dati sensibili in situazioni di emergenza (art.9 par. 2 lettera i). In tali casi, a tutela dell'interesse pubblico, prevale comunque il diritto alla salute delle persone.
E' evidente quindi che il diritto alla protezione dei dati personali non è un diritto assoluto, ma deve essereb costantemente bilanciato e messo a confronto con altri diritti.
Ciò non vuole assolutamente avallare o giustificare un uso improprio dei dati. Nessuno può raccogliere e trattare dati personali di un interessato senza avere il suo consenso ma, l'interesse alla salvaguardia della salute, prevale su quello alla riservatezza quando, in questo caso, vengono raccolti per la prevenzione ed il controllo di una malattia diffusa su larga scala.
Tale raccolta, che deve comunque essere svolta dagli organi competenti istituiti, deve sempre avvenire tutelando gli interessati e garantendo, ove possibile, l'anonimato. Nessun dato personale deve essere reso pubblico, senza autorizzazione del soggetto interessato, ad eccezione se tale azione sia l'unica e necessaria per il controllo dell'epidemia.
La raccolta dei dati, inoltre, deve avvenire nel rispetto del principio di necessità e di acquisizione delle informazioni minime in tutte le fasi di trattamento. I dati raccolti, in questo caso, devono essere limitati ai soggetti che sono infetti o che hanno avuto contatti con soggetti infetti e non si deve eccedere nella raccolta di dati non necessari al fine che si sta perseguendo.
Seppur ci sia ancora molta strada da fare in tema di tutela e protezione dei dati, tali riflessioni si rendono necessarie per comprendere quando, in situazioni particolari, il diritto alla riservatezza passa in secondo piano rispetto alla salvaguardia della salute della popolazione di un'intera nazione.